Partiamo verso le 16:00 da Carona diretti al rifugio Longo. Il paesaggio è molto bello, soprattutto quando compare in lontananza il rifugio con alle spalle l’Aga, ma la strada è terribile, larghissima e in molti tratti cementata. Sembra di stare sull’A4. Giunti al Longo verso le 18:00 decidiamo di cenare con dei panini sulla riva del lago del Diavolo, a pochi minuti di cammino (da veri sportivi brindiamo con una Guinness a testa). Torniamo indietro durante il tramonto e sulla strada costeggiamo due laghetti alpini.
Pulito e tenuto piuttosto bene, costa 20€ a notte e 4€ di colazione se non si è abbonati al CAI. Se poi la notte ti capita nella stanza un bestione dalla russata sismica, inizi a pensare che una tenda non è poi un brutto acquisto. La colazione è alle 7 quindi, per forza di cose, la partenza è alle 8. (Sorvoliamo sul nome del rifugio scritto sulla facciata in Comic Sans).
Partiamo alle 8 dal rifugio, la temperatura è ottima, il Sole non è ancora sorto sul lago del Diavolo, il sentiero è un sentiero e non un’autostrada, l’umore è ottimo. Arriviamo a pochi metri dal passo di Cigola e, guardando verso l’omonima montagna, vediamo una coppia di aquile. Senza raggiungere il passo, pieghiamo verso destra risalendo una facile sassaia costeggiando alcuni piccoli nevai sotto creste estremamente frastagliate. Raggiungiamo la cresta poco prima delle 10 e la cima è quasi al nostro livello. Il paesaggio è mozzafiato, soprattutto perché, per la prima volta, appare maestoso e inquietante il pizzo del Diavolo di Tenda.
360° Dalla cima si vedono: a Sud-Ovest il pizzo del Becco, a Sud il lago Rotondo con poco sopra il rifugio Calvi e il lago Fregabolgia, ad Est il passo di Valsecca, il pizzo Poris e il gruppo del Grabiasca, il pizzo del Diavolo di Tenda e il Diavolino, a Nord una buona fetta dell’arco alpino, a Nord-Ovest il monte Disgrazia, a Ovest il Corno Stella e, in lontananza, il monte Legnone.
Invece di seguire un sentiero che si dirige verso sud per arrivare alla diga del Diavolo, scendiamo lungo il versante Sud-Est per una strada poco battuta e un po’ ripida che ci collega al sentiero 248. Seguiamo la via un po’ in discesa fino a un ghiaione facile da risalire che ci conduce in una bella vallata ai piedi del Diavolo.
Costeggiamo la parte iniziale del fiume Brembo che scorre su un terreno erboso e, prima di un ponticello, vediamo a nord un sentiero ripido ben segnato (triangolo rosso su cerchio bianco). Percorsa la prima parte ci troviamo alle pendici del Diavolo nei pressi di un nevaio che è la vera e propria sorgente del Brembo. Il sentiero prosegue verso la cresta Nord-Ovest del Diavolo fino alla bocchetta di Podavit. Precisiamo il fatto che la “bocchetta di Podavit” non è un passo di montagna, ma può diventare facilmente un ultimo passo, dato che è un varco verso un profondissimo strapiombo. Costeggiata la bocchetta iniziano le rogne. I segnali si inerpicano sulla parete che bisogna scalare per circa 300m di dislivello, e non è una passeggiata, dato che bisogna passare da punti piuttosto esposti e da altri che si oltrepassano a fatica. L’ultimissima parte della scalata percorre una piccola cresta esposta a nord (segnaliamo la presenza di un punto molto molto esposto ma che si oltrepassa molto facilmente senza farsi prendere dal panico). Giunti alla cima, e ripreso il fiato, ci rendiamo conto dell’incredibile panorama che si gode dalla cima più alta della Val Brembana.
360° La vista, a Ovest, dello strapiombo che abbiamo costeggiato durante la scalata e delle creste che dalla bocchetta di Podavit si dirigono verso il l’Aga, ripaga da sola lo sforzo fatto. A questo aggiungete il panorama visto dal pizzo Aga, più tutta la parte est che vede i 3000m del Redorta e del Coca e, ancora più lontano, il Diavolo di Malgina.
Iniziamo la discesa percorrendo la stessa traccia e, invece di dirigerci verso il sentiero 248, ci colleghiamo al Sentiero delle Orobie Centro Orientali (225) e proseguiamo verso il rifugio Calvi.
Arriviamo al Calvi giusto in tempo per la cena (non chiedete pareri sul cibo perché dopo una giornata del genere anche del cane fritto sarebbe stato apprezzato). Memori dei 20€ del pernottamento della sera prima e, approfittando del fatto che la strada da percorrere è molto simile a quella calcata il primo giorno, appena terminata la cena decidiamo di non fermarci a dormire al rifugio ma di tornare a Carona nonostante il buio incombente.
Alle 20:00, passando sopra il lago Fregabolgia, gli ultimi raggi di sole ci abbandonano e cala la notte senza Luna; proseguiamo con le torce. La stanchezza ci falcia nei pressi del lago del Prato ma arriviamo comunque alla macchina alle 22:30 e, poco dopo, a Branzi; dimostrando che non è il nostro fisico scarso a guidarci, ma la sola forza di volontà accompagnata dalla mancanza di buonsenso.